(Alberto Zuccato) È il dirigente più di lungo corso
del basket padovano. Gianfranco Bernardi, presidente della Virtus,
ha vissuto da protagonista il periodo d'oro, e sempre da
protagonista - quello attuale - delle vacche magre.
«Ogni tanto mi chiedo perchè continuo - racconta - La pallacanestro
italiana, non solo quella di casa nostra, è troppo cambiata. In
peggio».
Sotto che punto di vista?
«Quasi tutti. Per cominciare non c'è più la passione di un
tempo. Si è creato un finto professionismo deleterio e oggi i
giocatori pensano più a quei quattro soldi che a divertirsi. Le
società sono in crisi, portare avanti l'attività costa troppo e si
fatica sempre più a trovare sponsor. Ci sono responsabilità ben
precise».
Di chi sono?
«Di una Federazione che pensa solo a incamerare tasse gara e
balzelli di tutti i tipi, dei procuratori e anche dei genitori».
Andiamo con ordine, Bernardi. Iniziamo dalla Fip.
«Dino Meneghin è stato un grandissimo giocatore, ma non sa neppure
da che parte si inizi a fare il presidente nazionale. Da quando non
esistono più i cartellini, sono stati istituiti i parametri
formativi. Se io, società di serie C, mando un mio giocatore in
serie A, che è una cosa difficilissima, ricevo 10 mila euro l'anno
di parametro. Cosa me ne faccio di questa elemosina? Che me ne diano
subito 50 mila, così almeno tappo qualche buco. E poi c'è tutta una
serie di nuove regole che fanno solo danni. Esempio? La palestra di
via Tadi non è più a norma perchè il campo è più corto. È così che
si fa il bene del basket? Ridicolo. E Meneghin sta lì a pontificare.
Prendendo 12 mila euro al mese. Io ho fatto per anni il dirigente
per la Federazione e non ho mai percepito un quattrino. Perchè lo
facevo per passione e non per lavoro».
Però la Fip elargisce anche compensi.
«Faccio un solo esempio di quanto passa la Fip: a una società
che arriva a una finale nazionale giovanile, spettano 3 mila euro.
C'è da vergognarsi. In compenso se durante una partita un tifoso
grida qualcosa, arriva subito la multa. Questa politica è
disastrosa. Non è un caso che solo nell'anno in corso venti società
si siano ritirate. Tra queste c'è anche il Limena. Li capisco. Così
come comprendo il recente sfogo di Nanni Boniolo che si è dimesso da
presidente del Petrarca. Ha ragione su tutta la linea».
Come lei prima ha accennato, anche Boniolo ha tirato in ballo i
genitori dei giocatori.
«Una volta nemmeno venivano a vedere le partite. Ora sono sempre
lì che stressano. La gran parte è convinta di avere in casa un
campione, per cui chiedono, chiedono. I figli vengono visti come
ipotetiche fonti di guadagno. Alcuni a 15 anni hanno già il
procuratore».
Gente che a lei non piace.
«Neppure un po'. I procuratori sono la rovina del basket, fanno
solo i loro interessi e cercano di spremere come limoni sia i club
sia i loro assistiti. Sto parlando di giocatori di serie C, non di
celebrati assi della nazionale. È un ambiente in cui non mi trovo
più bene, lo riconosco».
Allora perchè continua?
«Bella domanda. La risposta è questa: se mollo, che fine fanno i
tantissimi giovani che vengono nelle palestre della Virtus?
Finiscono per la strada, questa è la realtà. E io non me la sento di
fare una parte del genere. Almeno fino a quando ci riuscirò».
Facciamo un salto indietro di una ventina d'anni e parliamo della
rivalità tra Petrarca e Virtus.
«Una rivalità che aveva permesso a noi e a loro di arrivare fino
alla A2 e che aveva di riflesso fatto crescere tutto il basket
padovano. Volevamo primeggiare e facevamo di tutto pur di vincere.
Ma con rispetto, con reciproca stima. Quella che oggi manca».
Il tentativo di maxi fusione della scorsa estate ne è un esempio?
«Certo. Gli sforzi fatti dal presidente provinciale Guolo e
dall'assessore allo Sport, Zampieri, sono stati encomiabili. Ma
quando ci siamo trovati al tavolo per trattare, è stato un disastro.
Io avevo fatto una proposta molto semplice. Avevo detto che ognuno
di noi tirasse fuori una determinata cifra per allestire una squadra
forte che rappresentasse tutta Padova. Nessuno ha accettato perchè
tutti hanno pensato solo al loro orticello. Che diventa sempre più
piccolo. Dopo il primo incontro era già chiarissimo che non c'era
alcuna volontà di collaborare».
Cosa si può fare allora? Continuare così ha poco senso.
«Sono d'accordo. La Virtus ha appena ingaggiato come capo
allenatore Massimo Friso, che per una società come la nostra è un
lusso. Friso non si occuperà solo della prima squadra, ma di tutto
il settore giovanile, facendo lavorare i ragazzi sui fondamentali,
facendoli divertire. Il tentativo è quello di ricreare
quell'entusiasmo che è andato perduto. Anche se...».
Anche se?
«Magari lavori e lavori, investi soldi e sudore su un giocatore,
e questo, quando compie 21 anni, è libero di andare dove gli pare,
senza che venga riconosciuto neppure il parametro formativo. È
un'altra delle assurdità della Fip. Una volta tanto si dovrebbe
copiare dal calcio, dove chi cura i vivai viene tutelato dalla
Federazione».
In conclusione?
«Spero di sbagliarmi su tutta la linea, ma non credo. Forse sono
io che invecchiando vedo tutto così nero e ho nostalgia dei tempi
andati».
LA CARRIERA
Buon pivot
mancino e dirigente dal 1975
(a.z.) Gianfranco Bernardi è stato un buon giocatore (un pivot
mancino), arrivando alla serie B con il Padova Sport che disputava
le partite in un capannone della Fiera, ed era allenato da Flamini e
successivamente da Grasselli. Smesso di giocare, nel 1975 ha fondato
il Sarmeola, dove figurava contemporaneamente tesserato come
presidente, allenatore e giocatore. È stato il principale fautore
della fusione con la Virtus, che nel giro di qualche anno sarebbe
arrivata fino alla A2. Dal vivaio sono usciti giocatori di grande
valore. Due nomi su tutti: Davide Cantarello, che ha disputato più
di 100 partite con la nazionale, e Leo Busca, per tantissimi anni
playmaker in serie A. |